Sono dialoghi fatti con i gesti e con gli sguardi, le parole non servono in questi casi, naturalmente essendo un piccolo paese in pochi parlano inglese, si possono contare sulla punta delle dita, ma questo non conta , si trova il modo di comunicare di parlare per capirsi e conoscersi. La cosa fantastica è che nonostante questo muro linguistico sono gli stessi locali che cercano il contatto (ti voglio raccontare un fatto un semplice incontro, stavo scendendo verso la spiaggia, per una passeggiata, mi sento chiamare in greco naturalmente, mi volto ed vedo questa signora che muovendo la mano mi invita a tornare indietro, tikanis ? cala e si? Cala cala ,mi dice,poi mi invita a sedermi.
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E da qui voglio iniziare il mio percorso da questo workshop di teatro voglio raggiungere il mio obiettivo, sai amico, mi piace pensare che quello che sto facendo sia una boccata di aria fresca, un soffio di vento che spalanca gli occhi e apre realtà, vedo in questo progetto un sfida personale, ne sto facendo la mia sfida personale, partire dai piccoli per colpire i più grandi.
È quasi impossibile dialogare con un pensiero oramai acquisito, un pensiero adulto, costruito su basi d’ignoranza (nel vero senso della parola).i bambini sono la soluzione al problema, il fiore della speranza. Ricordo Gaber, e la sua magnifica canzone “non insegnate ai bambini” e ora più che mai credo in queste parole credo e faccio mio questo pensiero. Sto scrivendo un progetto, un ipotesi di lavoro per poter affrontare questo tipo di realtà. |