Sullo sfondo di questo scenario apocalittico l’immigrazione clandestina, A Salto, si prospetta, forse, come la soluzione migliore per uscire dalla condizione disumana in cui il paese sprofonda sempre di piú.
Il Portogallo é esattamente ai confini dell’impero, come mi piace definirlo, punto occidentale estremo del nostro continente, con lo sguardo all’America e le spalle rivolte verso la Spagna. Nel periodo a cui si sta facendo riferimento lo é ancora di piú, in quanto anche i cugini spagnoli sono afflitti dalla dittatura, quella di Franco e dalle sue manie di controllo. La libertá é la Francia, ma attraversare l’intera penisola governata da due feroci dittature non é affatto semplice. Solitamente si parte la notte, in piccoli gruppi principalmente maschili, e di notte si avanza tra i campi e le strade poco battute. Il giorno si dorme sotto i ponti o ci si nasconde fra i fossi, mangiando quel poco che si é portato con sé, soprattutto pane e cioccolata. Si stima che fra il 1960 e il 1974 un milione e mezzo di portoghesi, un sesto dei residenti, esce dal paese; nel triennio 1969/1971 le persone che scappano superarono le centomila l’anno. La frontiera nord, Trás-os-Montes e Beira Alta, sono i punti in cui la fuga inizia, ma l’emoralgia parte anche,e soprattutto, dal Minho, la regione di Viana. Il fiume omonimo divide la Galizia dal Portogallo e lá il contrabbondo é da sempre la maggior fonte di guadagno, cosí con l’olio e le mandorle iniziano a passare anche le persone. |
Come un governo fascista e dittatoriale possa permettere la fuga a cosí tante persone é presto detto: per Salazar é piú urgente ed importante perseguitare gli avversari politici interni e combattere nelle guerre coloniali piuttosto che occuparsi dei milioni di contadini che abbandonano il paese. Tra Portogallo e Francia esiste anche un tacito accordo di scambi economici che riguarda appunto la manodopera a basso costo, quella dell'emigrazione é quindi una strategia politica del regime per mantenere pacifici i rapporti con la Francia.I transalpini, a loro volta, necessitano di manodopera soprattutto nei cantieri del boom economico e di personale di servizio nelle case dei, sempre piú numerosi, nuovi ricchi. Moltissimi portoghesi che riescono ad arrivare a Parigi si sistemano nei cosí detti “barrios de lata” letteralmente quartieri di latta, cioé veri e propri quartieri di baracche di lamiere costruiti alle periferie della capitale. Nel 1966 nei quartieri di Champigny, Nanterre e La Courneuve vivono circa 27 mila portoghesi, la metá solo a Champigny.
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